Il museo della resa incondizionata by Dubravka Ugrešic

Il museo della resa incondizionata by Dubravka Ugrešic

autore:Dubravka Ugrešic [Ugrešic, Dubravka]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Biography & Autobiography, Personal Memoirs
ISBN: 9788834612989
Google: CYGsEAAAQBAJ
editore: La nave di Teseo
pubblicato: 2023-02-09T23:00:00+00:00


Mia nonna in cielo

Vidi per la prima volta la nonna quando avevo quasi sette anni. Poi iniziai a vederla una volta l’anno, durante le vacanze estive, per alcuni anni di seguito. I ricordi di lei si avvolgono con discrezione attorno a una bobina, senza fretta. Ricordo del resto solo alcuni dettagli.

Era bassa, col seno grande e pesante sopra un piccolo corpo rotondo dalle spalle strette e la pancia prominente. I capelli grigi pieni di ricciolini incorniciavano il largo viso dai forti zigomi asiatici. Aveva gli occhi piccolissimi, verdastri, a mandorla, lo sguardo un po’ assente, tipico dei malati gravi o delle persone molto anziane. Perfino quando guardava dritto davanti a sé, dietro al primo esisteva un secondo sguardo che scappava leggermente di lato. Sulla sua faccia il sorriso sostituiva lo sguardo: un sorriso largo e cortese.

Non mi piaceva. Forse non mi piaceva quel sorriso, quella cortesia sempre pronta, quel dondolio del capo per via del quale i ricciolini tremolavano come molle. Mi sembrava che indossasse quel suo sorriso come per scusarsi di esistere; con il sorriso metteva tutti di buonumore, quasi fossero proprio loro a chiederglielo.

La mia rotonda nonna del mar Nero...

Quando la vidi la prima volta, mi abbracciò tanto forte che mi inabissai tra suoi seni. Credetti di soffocare, memorizzai quel suo odore secco. Mi abbracciava sempre allo stesso modo, forte. Mentre lo faceva mi batteva sulla spalla con la sua mano paffuta, e io non vedevo l’ora di divincolarmi dal suo abbraccio.

Fu allora, quella prima volta, che mi portò ai bagni turchi. Ricordo il suo vecchio corpo rugoso. Mi innaffiava con l’acqua e con un guanto ruvido strofinava la mia pelle. Mi faceva male, ma tacevo e chissà perché provavo una vergogna terribile. Non volevo che mi toccasse (“Questa è tua nonna,” diceva la mamma, “dai, dalle un bacio, dalle la mano, dai, abbracciala”). Con angoscia trattenevo un’indefinibile, forte repulsione fisica.

Quando la guardai la prima volta, il suo viso si fuse con un piatto di dolcetti secchi e friabili. Aveva preparato una montagna di dolcetti per il nostro arrivo, avrebbe rivisto dopo dieci anni interi sua figlia, ormai cittadina straniera, e avrebbe visto sua nipote per la prima volta in assoluto. Quei dolcetti si fondono ora nella memoria con il colore, la secchezza e la friabilità della sua pelle.

Ricordo la sua postura, era solita sedere su uno sgabellino con le gambe leggermente divaricate. Le mani le appoggiava sulla pancia, l’abbracciava come fosse figlia sua, e girava i pollici come se lavorasse a maglia.

Faceva maglioni con della lana resistente, soprattutto di quelli senza maniche. Muoveva le mani con sorprendente velocità alzando nel contempo i gomiti come due alucce. Quella volta, la prima volta, ricevetti in regalo una bambola. Mentre la mamma e io camminavamo verso la stazione dei treni (né la nonna né la mamma sapevano quando e se si sarebbero riviste), lei scorrazzava dietro lavorando a maglia! Alzava i gomiti come due alucce, i ferri luccicavano nelle sue mani. Adesso, nei ricordi, la vedo come un goffo uccello grosso che non riesce a spiccare il volo.



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